Ma che ci faccio io qua, ma perché?
Di come sviluppavo le immagini, se ero capace di sentire e di fotografare le emozioni per poi raccontarle in una storia, in pratica mi hanno controllato tecnica e cuore facendomi un mazzo così grande da creare un bel… bagno di sangue.
Tanto che, rientrato nella mia stanza alla sera, ero molto deciso a voler mollare tutto.
Il perché era molto semplice, all’inizio pensavo di sapere già tutto, invece mi hanno girato come un calzino, aperto in due e per di più fatto scappare dal recinto le mie sicurezze. La cosa più giusta per me in quel momento era quella ritornare a casa, molto velocemente.
Così mi sono chiuso dentro alla stanza e ho pianto, sì è capitato. Mi sono seduto sul letto con stretta a me la maglietta del mio piccolo bimbo (Loris) e mi sono lasciato andare, colpa della paura, l’ansia e anche della disperazione.
Ero talmente provato da far partire un grido finale fortissimo, simile al peggior tuono mai sentito, quello che fa tremare finestre e porte, faceva proprio così, lo ricordo come oggi:
“Ma che ci faccio io qua, ma perché?”.